Una pittrice la cui attenzione per i dettagli rende l'esperienza visiva tattile. "La pittura del ventesimo secolo, sia fisica che metafisica, ci ha troppo abituati a dimenticare le cose. I dipinti di Flavia Arlotta si fanno ricordare", scrive il critico Luigi Baldacci. Lei era una pittrice napoletana che abbracciò le tradizioni fiorentine. Sua madre era la scultrice russa Elena Albrecht Von Brandenburg. Arlotta dipingeva principalmente nature morte e trascorse la maggior parte della sua vita a Firenze dopo aver sposato il pittore Giovanni Colacicchi, co-fondatore della rivista letteraria "Solaria" e direttore storico dell'Accademia delle Belle Arti di Firenze. La coppia frequentava alcuni dei più importanti personaggi intellettuali italiani come De Chirico, De Pisis, Morandi e Carrà, e la loro corrispondenza fa oggi parte dell'Archivio Contemporaneo del Gabinetto Vieusseux. Arlotta partecipò a molteplici esposizioni collettive, tra le mostre a Palazzo Strozzi di Firenze e alla Galleria di Arte Moderna di Roma. Ebbe due figli, Francesco e Piero, il primo anch'esso pittore e noto a Firenze per i suoi sforzi per la salvaguardia del patrimonio culturale della Toscana. Un altra interessante piccola mostra si tenne nel 2014 presso l'Accademia delle Arti del Disegno di Firenze, la più antica accademia di disegno d'Europa.
Come scrisse Jane Fortune nel suo articolo su Arlotta del 2014: "Francesco Colacicchi confronta l'arte dei suoi genitori e sottolinea l'intrinseca connessione tra le loro identità complementari: 'Si può notare che il dipinto di mio padre è stato fatto da un uomo e che quello di mia madre è stato fatto da una donna, giustamente. Sia l'uno che l'altra trasferiscono la propria umanità sulle loro opere'."
Come scrisse Jane Fortune nel suo articolo su Arlotta del 2014: "Francesco Colacicchi confronta l'arte dei suoi genitori e sottolinea l'intrinseca connessione tra le loro identità complementari: 'Si può notare che il dipinto di mio padre è stato fatto da un uomo e che quello di mia madre è stato fatto da una donna, giustamente. Sia l'uno che l'altra trasferiscono la propria umanità sulle loro opere'."